Vi era in Gerusalemme un uomo … giusto e timorato di Dio, e aspettava… Luca 2:25
Non è necessario essere uno dei tanti pendolari di Milano per rendersi conto che la fretta e l’impazienza caratterizzano profondamente la nostra società. Il cibo deve essere così “istantaneo” che anche il tempo speso per aprire la confezione ci sembra una frustante fonte di ritardo.
Anche se il lavoro frettoloso non è più considerato una virtù in medicina, questo modus videndi ha ancora radici profonde nella nostra professione. Gli stereotipi attuali sono questi: il chirurgo ancora assistente a 50 anni ed il giovane ansioso di raggiungere il successo prima dei 30.
Superare questi proibitivi colli di bottiglia e realizzare una carriera ospedaliera spesso implica una grande pressione a pubblicare, attirare l’attenzione ed il supporto dei leader influenti. Pertanto tutto deve contribuire a questo obiettivo, servire al nostro scopo predeterminato. Riusciamo ancora a percepire la meraviglia ed il privilegio dello studio della medicina? Un tempo negli ospedali si dedicava il sabato mattina agli incontri di dipartimento, era un’occasione per confrontarsi con calma. Oggi anche i grandi ospedali universitari hanno corsie minacciosamente silenti, impegnate ad ottimizzare tempi e risorse.
Simeone era un uomo giusto e timorato di Dio. La sua vita era stata completamente dedicata allo studio ed all’attesa della consolazione di Israele, rivelatagli dallo Spirito Santo. Nel corso del tempo avrà avuto delle ambizioni, ma certamente anche delle delusioni. Tuttavia era certo della promessa divina: un Salvatore sarebbe giunto per gli Ebrei e per i Gentili. La sua sicurezza si fondava sulla Parola di Dio. Questa gli dava fiducia che, a sua volta, alimentava la pazienza; la pazienza di attendere. Potrebbe sorprenderci che Simeone attendeva a Gerusalemme e che Anna, l’altra adoratrice del brano biblico, non si allontanava mai dal tempio.
Quando finalmente Simeone sperimentò la veridicità delle promesse divine, rimase ancora più fedele alla Parola di Dio.
Attendere spesso significa restare fermi. L’erba del vicino può sembrare più verde, ma il nostro primo dovere è attendere Dio lì dove ci ha posti. Fedelmente!
“Pensavo che sarebbe stata come scene remote
la sfida delle anime perdute finché non mi hai mostrato
nei mari di gente comune che ho incrociato
in finta familiarità – più persi
di quelli che la distanza riesce ad evidenziare”
Ruthe Spinnanger.
Letture ulteriori: Luca 2:25-32. Salmo 27:8-14. Salmo 62:5-8.
Tratto da: https://www.cmf.org.uk/doctors/devotion/?id=devotion&day=26&month=1
Traduzione a cura di Daniele Noviello