Leadership: performance

Caleb Owomoyela ci incoraggia a rafforzare la nostra identità in Cristo.

Quante volte ci è capitato di leggere le imprese di alcuni leader della Bibbia e chiederci: cosa stavano facendo? Il re Saul, primo re di Israele, ne è un esempio. In 1 Samuele 15, Dio dà a Saul precise istruzioni su come sconfiggere gli Amalechiti (una nazione che aveva provato a distruggere Israele poco dopo il loro esodo dall’Egitto). Nonostante ciò, Saul risparmia il loro re e permette ai suoi soldati di tenere alcuni animali. In seguito ad un confronto con il profeta Samuele, in cui Saul inizialmente difende la propria posizione, sembra però pentirsi e avere dei rimorsi. Si rivolge infatti a Samuele dicendo: «Ho peccato; ma tu adesso onorami, ti prego, in presenza degli anziani del mio popolo e in presenza d’Israele; ritorna con me e mi prostrerò davanti al Signore, al tuo Dio». Questo commento la dice lunga sulla mente e sul carattere di Saul. Aveva molto a cuore le opinioni degli anziani. Ma soprattutto, dava grande importanza il giudizio che loro avevano di lui. Cercava di compiacerli per difendere la propria reputazione. Come leader cristiani, potrebbe essere facile criticare Saul, ma forse prima dovremmo fermarci a riflettere ed essere onesti con noi stessi, ed imparare alcune preziose lezioni dalla sua vita.

I fallimenti di Saul potrebbero essere i nostri. Durante gli anni di università, ho capito che alcuni degli idoli nel mio cuore erano proprio la mia reputazione e il mio orgoglio. In psicologia esiste la cosiddetta “sindrome dell’impostore – che porta le persone a sentire una profonda insicurezza e a dubitare delle proprie abilità. E per evitare di “essere smascherati”, a volte compensiamo provando a vivere la nostra vita inseguendo un’immagine idealizzata di noi stessi, in diversi modi. (1) A livello personale, questo si può manifestare nei nostri studi, raggiungendo voti e obiettivi altissimi; a livello sociale, nel nostro status e nel nostro aspetto esteriore; e a livello spirituale, nel cercare di fare determinate cose per ingraziarci Dio. Anche io nella mia vita mi sono ritrovato ad essere come Saul, molto sensibile nei confronti delle opinioni altrui su di me, specialmente per quanto riguardava la mia performance. Questo per me fungeva da stimolo e mi spingeva ad andare avanti e a lavorare sodo. Tuttavia, questa mentalità faceva sì che il mio umore e il mio valore dipendessero esclusivamente da quanto riuscissi a fare materialmente. E poiché si può sempre migliorare, in fatto di voti e status sociale, mi portava ad essere perennemente insoddisfatto.

Come leader cristiani, siamo chiamati a respingere la visione secolare che il mondo ha nei confronti della performance. Una leadership efficace non dovrebbe essere valutata sulla base di quanto otteniamo o produciamo, ma piuttosto sulla base della nostra maturità spirituale e della nostra conoscenza di Gesù. (2)  La natura competitiva di molte aziende e luoghi di lavoro enfatizza il bisogno di una costante crescita e miglioramento, sia sul piano personale che aziendale. Tuttavia, cosa succede quando facciamo nostro questo modo di pensare, ed esso inizia a farsi sentire anche nel valore che attribuiamo a noi stessi? Tim Keller, autore di “Divinità contraffatte”, sostiene che il segnale che qualcuno abbia fatto del successo un idolo sia il seguente: “… quando non riusciamo più a mantenere la fiducia in noi stessi, se non siamo i migliori nel nostro campo”. (3) Questa non è una critica alla crescita personale, ma piuttosto vuole sottolineare il fatto che siamo chiamati ad un altro tipo di crescita, che influenzi i nostri cuori e trasformi le nostre menti. (4) Peter Scazzero, autore di “Una chiesa emozionalmente sana”, lo spiega così: “Quando la nostra vita con Dio non è più sufficiente a sostenere il nostro lavoro per Dio, iniziano le difficoltà” (5)

Chiamati a riposare

La società moderna ci sta portando ad essere stacanovisti, facendoci credere che essere sempre impegnati sia sinonimo di importanza. Ci colpisce se un chirurgo riesce a lavorare per lunghi turni, anche di venti ore, senza interruzioni. Diventa quasi uno status symbol: più sono impegnato, più sembrerò importante. Esistono persino delle app che ci aiutano a rilassarci e ci ricordano di fare delle pause. Considerando tutto ciò, non dovrebbe stupirci il quarto comandamento: “Ricordati del giorno del riposo per santificarlo” (Esodo 20:8).

Il riposo è stato creato per essere una parte fondamentale della nostra vita quotidiana. Negli ultimi mesi, Dio mi ha insegnato una lezione davvero importante proprio per quanto riguarda il riposo. Rispetto ai primi anni di università, ora faccio in modo di dare la giusta priorità al tempo libero. Lo trovo indispensabile. Mi sta insegnando ad umiliarmi davanti a Dio e soprattutto mi ricorda che quello che faccio, e come lo faccio, non dipendono sempre dalle mie forze, ma è Dio che opera in me. (6) Quando smettiamo di voler avere ogni minimo dettaglio sotto controllo, e ci prendiamo del tempo per riposare e per stare alla presenza di Dio, stiamo mettendo in pratica l’umiltà della fede. In quel momento, se ci arrendiamo davanti a Dio, possiamo riconoscere la Sua potenza e il Suo controllo sopra ogni aspetto della nostra vita.

«Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo. Ogni tralcio che in me non dà frutto lo toglie via, e ogni tralcio che dà frutto lo pota affinché ne dia di più. Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciata. Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto se non rimane nella vite, così neppure voi se non dimorate in me.» (Giovanni 15:1-4)

Se vogliamo vivere come leader per Gesù, dobbiamo anche ricordarci di rimanere saldi in Lui, poiché non possiamo portare frutti da soli. Gesù cristo, il modello del leader perfetto, era sempre in sintonia con il Padre. In tutti i vangeli, gli autori sottolineano la profonda relazione che Gesù aveva con suo Padre. Le nostre capacità ci sono state donate da Dio, ma dobbiamo chiedere allo Spirito Santo di aiutarci a coltivarle per glorificare il Padre Celeste. Come dice Oswald Saunders, “la nuova nascita in Cristo non cambia le nostre doti naturali, ma le fa fruttare per lo scopo Divino; quando queste sono poste sotto il controllo dello Spirito Santo, vengono portate ad un nuovo livello di efficacia” (7). Dobbiamo ricordarci che “ogni tralcio che dà frutto lo pota affinché ne dia di più” (Giovanni 15:2). Il nostro Padre Celeste si occupa di potare, di dare forma, di costruire il nostro carattere, e di ripulirci affinché possiamo essere tralci che danno frutto. E per fare tutto ciò, è indispensabile che rimaniamo nella vigna, che è Gesù Cristo.

Chiamati a lavorare

Il lavoro che svolgiamo come leader cristiani ha un valore eterno; è davvero un privilegio poter svolgere un ruolo nel piano che Dio ha per questo mondo. Dobbiamo però ricordarci di trascorrere del tempo con Gesù, prima che lui ci mandi nel mondo. Nel vangelo di Marco è scritto che, quando Gesù chiamò a sé i dodici apostoli, dapprima li scelse “perché stessero con lui”, poi “per mandarli a predicare”, ed infine “perché avessero il potere di guarire le malattie e di scacciare i demoni” (Marco 3:13-15). Prima di ricevere il privilegio e la potenza di compiere segni e miracoli, gli apostoli dovevano trascorrere del tempo con lui. Il nostro lavoro non è per ottenere riconoscimenti terreni, ma per fare la volontà del Padre con un cuore servizievole.

Come leader, non dobbiamo ottenere qualcosa per avere approvazione. Quando Gesù venne battezzato, il Padre parlò dal cielo proclamando la sua approvazione e la sua accettazione di Gesù come Figlio di Dio. (8) E solo allora ebbe inizio il ministero di Gesù. Le opere da lui compiute scaturirono dal suo aver accettato la propria identità di Figlio di Dio. Allo stesso modo, i nostri risultati dovrebbero derivare dall’essere stati accettati come figli di Dio, anziché utilizzare i nostri risultati per ottenere un riconoscimento che già abbiamo grazie a Gesù.

La meravigliosa verità del vangelo ha completamente cambiato il mio approccio al lavoro di leader. Ho capito e fatto mio un concetto fondamentale: che per ciò che Gesù ha fatto, Dio ama la mia vita. (9) Non sono giustificato per le opere che compio come leader, come cristiano o come studente. La mia giustificazione deriva direttamente dall’immenso amore di Dio, attraverso Gesù Cristo. Ed è proprio grazie a questa verità che, per la potenza dello Spirito Santo, io posso essere usato come strumento per il suo santo piano. (10) Questo principio è in netto contrasto con quello che sostiene la società moderna, ma come ci ricorda Gesù nella preghiera che troviamo in nel vangelo di Giovanni al capitolo 17, noi non siamo di questo mondo ma siamo stati mandati proprio come era stato mandato anche lui. (11) Mentre viviamo la nostra vita quotidiana, e guidiamo altre persone, questa meravigliosa verità ci ricorda che siamo liberi di “fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Efesini 2:10)

Bibliografia

  1. Langford J, Clance P. The imposter phenomenon: Recent research findings regarding dynamics, personality and family patterns and their implications for treatment. Psychotherapy: Theory, Research, Practice, Training 1993;30(3):495-501.
  2. Efesini 4:13
  3. Keller T. Counterfeit Gods. London: Hodder & Stoughton, 2009:76
  4. Romani 12:2
  5. Scazzero P. The Emotionally Healthy Church. Grand Rapids: Zondervan, 2010:206
  6. 1 Corinzi 12:6
  7. Saunders O. Spiritual leadership. Chicago: Moody Press, 2007:96
  8. Matteo 3:17
  9. Salmo 147:11
  10. 1 Pietro 1:2
  11. Giovanni 17:14-16,18

Link originale:  https://www.cmf.org.uk/resources/publications/content/?context=article&id=27071

Traduzione a cura di Giulia Dallagiacoma