“In un mondo in cui puoi essere qualsiasi cosa, sii gentile.”
Stampate su un poster, queste parole mi accolgono ogni volta che entro nella scuola in cui assisto. In un certo senso sono d’accordo: possiamo scegliere di trattare le altre persone in vari modi e, certamente, dovremmo sempre scegliere la gentilezza. Ma questa affermazione definisce l’assunzione filosofica per cui non scegliamo di agire semplicemente come vogliamo ma che possiamo scegliere di essere tutto ciò che vogliamo; presuppone cioè, che noi creiamo la nostra identità. Questa idea trova radici nell’esistenzialismo, filosofia atea che sostiene che il “significato” di una persona sia dovuto alle azioni e a ciò che realizza nella vita. L’esistenzialismo ha pervaso la nostra cultura ed è stato accettato senza porci delle domande perché ci piace credere di avere il controllo. La nostra società adora gli altari dell’autonomia e dell’individualismo. Con i mantra “puoi essere qualsiasi cosa che immagini” e “tu scrivi la tua storia” ripetuti alle nostre orecchie, potremmo erroneamente ammettere la dichiarazione della nostra cultura per cui non siamo creature modellate da Dio ma siamo invece i nostri propri creatori, gli dei di quest’epoca.
La società, inoltre, dice che la tua identità e il tuo senso di te si basa sul modo in cui vivi il tuo mondo interiore: sui tuoi pensieri, sentimenti, convinzioni e idee. Dunque nessuno può dirti chi sei veramente, questa è la tua verità, da scoprire guardandoti dentro. ”Non c’è verità assoluta…” quindi posso essere quello che dico di essere. Tuttavia dal momento che i miei pensieri e i miei sentimenti possono cambiare drasticamente nel tempo, come faccio a sapere chi sono effettivamente?
Noi tutti abbiamo bisogno di costruire la nostra identità su qualcosa, altrimenti non potremmo avere il senso di uno scopo e di una direzione, non comprenderemmo “il nostro posto nel mondo”. Su cosa la maggior parte delle persone cerca di basare la propria identità? Molti guardano alle varie categorie sociali in cui si ritrovano sulla base dell’età, sesso, etnia, cultura, occupazione, ruolo come studente, stato relazionale, abilità, risultati, tratti della personalità e persino simpatie o antipatie. Ciò è comprensibile perché queste categorie sono importanti per noi, ci aiutano a percepire un senso di appartenenza ma allo stesso tempo determinano fattori che ci rendono unici. Le categorie propriamente non sono sbagliate, il problema è quando chiediamo loro di fare di più di quello che possono, quando chiediamo loro di sostenere tutto ciò che siamo. Ad esempio, potrei dire che sono una donna, un medico, un counselor, sono nord-irlandese, una zia innamorata, un’amante dei cani, un’introversa-estroversa e una compulsiva bevitrice di tè. Io sono tutte queste cose ma non descrivono tutto ciò che sono. In effetti, nessuno di loro descrive il centro di chi sono, nessuno di loro definisce la mia identità o mi dice il mio scopo nella vita. Giovanni Calvino ha detto che “senza la conoscenza di Dio non c’è conoscenza di sé”; quindi l’unico modo in cui posso trovare e vivere la mia vera identità non è guardare dentro me stesso ma guardare al di là di me stesso, a Gesù, per scoprire chi è e chi dice che io sono.
La Bibbia ci dice che, fin dalla ribellione di Adamo ed Eva, tutti sono nati sotto la maledizione del peccato e della morte. Tuttavia, per quelli di noi che hanno creduto in Cristo che perdona i nostri peccati, questa maledizione è stata sciolta; siamo stati resi veramente vivi per godere di una eterna e ininterrotta relazione con Dio; siamo diventati ciascuno una “nuova creatura”. Abbiamo una nuova identità. Anche se lo sappiamo nella nostra mente, molti di noi non riescono a capirlo veramente e quindi non riescono a crederlo e a viverlo. Molti di noi guardano ancora principalmente ai successi, aspetto, ruoli e relazioni per trovare il proprio valore e scopo, nel frattempo sostengono che la loro identità è “radicata in Cristo”.
Quindi qual è questa identità che abbiamo ottenuto in Cristo e come dovrebbe modellare le nostre menti e vite? Ci sono numerosi aspetti di questa identità che potremmo esplorare ma ho scelto di concentrarci solo su quattro di essi come introduzione all’argomento.
AMATO FIGLIO DI DIO
“Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio! E tali siamo” (1 Giovanni 3: 1).
Sinclair Ferguson afferma che essere un figlio di Dio “è il modo, non l’unico modo, ma il modo fondamentale per il cristiano di pensare a sé stesso. La nostra immagine di noi stessi, se deve essere biblica, inizierà proprio lì”. Proprio come il senso di sé di un bambino è modellato dal modo in cui i suoi genitori si relazionano con lui, il fondamento dell’identità di ogni cristiano dovrebbe essere la verità che siamo molto amati dal nostro Padre celeste. Satana vuole ingannarci facendoci credere che siamo schiavi i quali hanno bisogno di lavorare costantemente di più per guadagnare il favore di Dio o che siamo orfani abbandonati da Dio, non amati e non protetti. Questo non è vero. Siamo figli amati che non possono mai essere separati dall’amore del nostro Padre. Quando siamo sicuri dell’amore di nostro Padre, non abbiamo più bisogno di cercare l’approvazione e l’accettazione degli altri; desideriamo invece piacere soprattutto a Lui e ci dilettiamo di essere alla Sua presenza e di obbedire ai Suoi comandi.
PORTATORI DELL’IMMAGINE DI DIO
“Così Dio creò l’umanità a sua immagine …” (Genesi 1:27)
Dal racconto della creazione vediamo che l’umanità è stata creata per riflettere la gloria di Dio; per rispecchiare la Sua bellezza e bontà affinché tutti la vedano. Tuttavia, dalla caduta questa immagine è stata in parte resa irriconoscibile e rovinata dal peccato. Ma in coloro che siamo in Cristo Gesù, lo Spirito sta operando dentro per trasformarci a somiglianza di Cristo in modo che possiamo vivere sempre più il nostro scopo di “portatori di immagine”. Questa trasformazione può avvenire solo guardando continuamente alla bellezza di Cristo e consentendo allo Spirito il tempo e lo spazio di operare dentro di noi. Se comprendessimo veramente che siamo progettati per riflettere l’immagine di Dio, passeremmo molto meno tempo a preoccuparci di come gli altri ci vedono e più tempo a concentrarci su come possiamo glorificare Dio e indirizzare gli altri verso di Lui. Daremmo anche la priorità al trascorrere del tempo con Dio e al pregare affinché lo Spirito produca frutti nella nostra vita.
MEMBRO DEL CORPO DI CRISTO
“Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa” (1 Pietro 2: 9).
Come affrontato in precedenza la nostra società occidentale con la sua mentalità individualistica predica la bugia che l’identità si trova guardando dentro di sé e scoprendo chi sei o creando chi vorresti essere, riguarda soltanto te come individuo. Tuttavia, dobbiamo rifiutare questa idea. Nel verso sopra vediamo che Dio ci ha salvati per avere un “popolo”, “nazione”, “sacerdozio” e “razza” per sé stesso. Nessuna di queste parole descrive i singoli cristiani ma descrive invece la Chiesa nel suo insieme: siamo salvati per essere membri del corpo di Cristo. Siamo creati per la comunità. Questo desiderio di connessione autentica con gli altri è l’impronta di un Dio relazionale che è sempre esistito nella comunità della Trinità e ci ha progettati per la relazione con sé stesso e con gli altri. È nella relazione con Dio e col Suo popolo che scopriamo chi siamo veramente e possiamo vivere appieno la nostra identità. Amandoci, servendoci, insegnandoci e ammonendoci a vicenda; la Chiesa è in grado di ‘proclamare le eccellenze’ di Dio e riflettere la Sua gloria in un modo che nessun individuo potrebbe mai fare.
CITTADINO DEL CIELO
“Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore” (Filippesi 3:20)
CS Lewis una volta disse: “Devo mantenere vivo in me lo stesso desiderio del mio vero paese”. Tutti desideriamo ardentemente una casa sia che si riferisca ad un certo luogo sia alle relazioni di cui facciamo parte: desideriamo sentirci amati, sentirci al sicuro, trovare conforto e appartenenza. Il problema che molti cristiani devono affrontare è che dimenticano dov’è la nostra vera casa e cercano di soddisfare i desideri più profondi nelle cose di questo mondo. Però le cose di questo mondo sono transitorie: le relazioni potrebbero deluderci o ferirci, i nostri cari potrebbero morire, paesi potrebbero essere devastati dalla guerra e le nostre case distrutte da inondazioni. Eppure i cristiani hanno una casa eterna con Cristo e la nostra cittadinanza è in cielo, non su questa terra. Se comprendessimo veramente questo aspetto della nostra identità, considereremmo le cose di questo mondo con maggiore leggerezza. Riporremmo la nostra speranza solo in Cristo, riconoscendo che questo mondo è fragile e alla fine morirà. Allo stesso modo, investiremmo più tempo, energia e risorse economiche per edificare il Suo regno e accumularci un tesoro in cielo che non potrà mai essere né rubato né distrutto.
QUINDI, CHI SONO IO VERAMENTE?
Questo è un argomento enorme di cui abbiamo soltanto scalfito la superficie… Esplorando solo quattro aspetti della nostra identità in Cristo possiamo notare come una convinzione più profonda di questa identità cambierebbe il modo in cui vediamo noi stessi e viviamo il nostro scopo in questo mondo. Pertanto, viviamo come figli amati, sicuri nell’amore del nostro Padre, riflettendo la somiglianza di Cristo, devoti al Corpo di Cristo e aspettando con impazienza la nostra vera dimora con Lui.
Il fondamento dell’identità di ogni cristiano dovrebbe essere l’amore del Nostro Padre Celeste.
Ashley Stewart
Traduzione a cura di Gabriele Riccardo Lupica
Link originale: https://www.cmf.org.uk/resources/publications/content/?context=article&id=27132